Siamo stati invitati per un consulto presso un mobilificio di grossa levatura ed in grande espansione. L’azienda era stata chiamata a fare un salto di qualità e tutti i dipendenti impegnati a rimodellare i propri settori di competenza; infatti, data la mole delle commesse, gli impiegati dediti a più mansioni avevano dovuto necessariamente specializzarsi. La struttura quindi aveva vissuto un’aria di modernizzazione e di ridefinizione delle competenze. Indipendentemente dagli stipendi percepiti –che in verità non erano stati aumentati ma accompagnati da premi sostanziosi- gli impiegati, che vennero investiti da maggior lavoro e responsabilità, potettero godere di benefit tipici della cosiddetta area manager. Innanzitutto, senza che la Direzione generale lo ponesse come necessità, il cambiamento più evidente era stato nel look dei neo manager, tutti uomini, che avevano iniziato a vestire quotidianamente l’abito e la cravatta. I locali degli uffici erano stati completamente riallestiti con un’architettura minimalista e snob al tempo stesso. Inoltre – qui l’eziogenesi del caso in questione-, ai quattro manager la Direzione concesse l’assunzione di due segretarie che avrebbero accompagnato e rinforzato il lavoro delle due segretarie già inserite da tempo.
I quattro manager posseggono personalità davvero differenti.
I due più giovani sono laureati con master, parlano correntemente due e più lingue e si occupano della distribuzione del prodotto; trentacinquenni circa, uno fidanzato e l’altro single; il fidanzato gioviale dall’aspetto atletico, lo scapolo un po’ cicciottello e simpatico. Un terzo manager, cinquantenne, tre figli, separato e con tanti problemi che non lo distraggono dal costante e completo controllo della produzione. Il quarto, responsabile degli acquisti delle materie prime e di ogni quant’altro, è anche il commercialista dell’azienda, sessantanni che non dimostra, giocatore domenicale di golf e appassionato di moto di grossa cilindrata.
Vi è da dire che i quattro signori non si frequentano fuori dall’ambiente di lavoro anche se tra loro sono sempre stati amiconi e giammai hanno avuto motivi di risentimento.
Siamo stati chiamati dalla Direzione –nella persona del patron del mobilificio- poiché di colpo i rapporti tra i membri dello staff dirigenziale erano diventati tesi e poco collaborativi. Il proprietario riferisce di una grossa commessa di armadi fuori standard di misura che avrebbe fatto nascere la “crisi di relazione” tra i responsabili. -Un cane che si mordeva la coda- riferisce il proprietario –si accusavano l’un l’altro; il manager alla produzione diceva che tale ordinativo non andava fatto perché il margine di guadagno non giustificava il rallentamento delle altre produzioni, accusando gli addetti alle vendite, e poneva mille ostacoli alla produzione per via dei macchinari non adeguati; l’addetto agli acquisti diceva di essere stato scavalcato e che non poteva garantire l’acquisto di materia prima ad un prezzo tale che avrebbe portato guadagno all’azienda; gli altri due più giovani gridavano allo scandalo poiché a loro dire era inimmaginabile, soprattutto dati i tempi di stagnazione, rinunciare alla sia pur minima commessa, figuriamoci ad una così corposa-.
Negli uffici della Direzione, appena siamo entrati, subito si è compreso che il clima non dovesse essere dei migliori dal particolare delle porte chiuse, ogni manager nel suo ufficio si era praticamente rintanato; solo la porta del dottor Gianni (il fidanzato/atletico) era socchiusa; nello stanzone di segreteria, l’aria era impegnata ed efficiente, i telefoni ed i fax in eterna connessione, le segretarie in pieno lavoro. Non è stato necessario colloquiare con le dipendenti per comprendere che ci fosse una nota dissonante nel contesto di efficienza minimalista; una delle quattro donne era di una bellezza decisamente prorompente, a dispetto del castigatissimo tailleur, in conformità con le colleghe, che però non riusciva a contenere l’avvenenza delle sue curve.
Trentenne non sposata, la biondissima Carla aveva studiato lingue e vissuto in Germania, lavorando per un’azienda dello stesso settore. Il suo curriculum era perfetto ed era stata assunta da poco tempo grazie alla segnalazione del dottor Gianni, fidanzato di sua sorella. La bella Carla ebbe a riferire che tutti in ufficio erano gentili e disponibili –“veri gentiluomini”- che magari qualcuno aveva anche tentato delle avance ma che lei aveva declinato cortesemente sempre con qualche scusa e senza un ‘no’ diretto. Le colleghe riferiscono che Carla è sempre precisa e puntuale –“…e da quando c’è lei non abbiamo più problemi con i clienti di lingua tedesca!”-.
La situazione di conflitto è sembrata quindi molto semplice: la signorina Carla era diventata l’oggetto delle brame dei colleghi manager, di qui la contesa si riversava sul lavoro. Si poteva suggerire alla signorina di essere dura e di liquidare freddamente ogni approccio ma tale soluzione avrebbe spostato i termini del problema sulla segretaria, senza garantire che il rapporto tra i dirigenti si normalizzasse.
Invitati nel nostro studio la signora Carla, il suo futuro cognato dottor Gianni ed il Direttore generale, abbiamo suggerito come ricostruire una relazione positiva: occorreva far sapere in giro con moltissima attenzione che Carla avesse “una malattia molto grave non ulteriormente definita per discrezione e privacy”.
Tale voce -artatamente posta in essere con il consenso di Carla che non avrebbe mai voluto lavorare sotto stress o rischiare il suo impiego- fu abilmente e confidenzialmente suggerita dal dottor Gianni alla sua anziana segretaria; il resto lo fece il più classico telefono senza fili, le voci di corridoio. Carla da quel giorno in poi fu trattata con la gentilezza di sempre, anzi di più, e nessuno dei tre manager le fece altri inviti, neppure velati.
Già due settimane dopo, quando tornammo per una visita di saluto le porte degli uffici erano tutte aperte.
Nicola Tenerelli