Il mondo è in relazione.
Il presupposto teoretico, da cui muove l’assunto secondo il quale il mondo è in relazione, è la risultante di un antimodello che pretende di considerare il mondo stesso come autocondizionato a livelli viepiù superiori e inglobanti.
Le visioni logiche del mondo hanno offerto numerose chiavi di lettura che hanno condizionato l’approccio epistemologico, comunicando deterministiche e arroganti interpretazioni positiviste –diverse ogni secolo– nelle quali qualsivoglia cammino appare determinato da indicatori sempre ascrivibili ad un orizzonte di senso destoricizzato ma sincretico al mondo.
Affermare –appare apodittico!– la irreversibile relazionalità del mondo non comporta necessariamente la pretesa dell’onnicomprensione –neppure al limite– del mondo stesso: il mondo della vita –isola sulla quale sembreremmo sbarcati naufraghi– è incomprensibile per definizione – poiché esso è, per gli esseri senzienti, un continuum di cui non restano che tracce di un passato, nel presente, dal quale è possibile ricostruire scenari futuribili, non futuri – demolendo l’ansia di precognizione del genere umano.
Ogni momento non è isolato ma a sé stante; l’esistere è in situazione ma attuato; l’incedere storico si realizza attraverso sequenze non necessariamente cadenzate anche se cronologizzate; il vero si disvela e rivela, laddove ogni rivelazione può apparire salvifica, ultimativa, precognitiva, ma anche tautologica, destabilizzante, deiettiva.
Relazione è divenire.
Divenire appare la cifra che contraddistingue il battito cardiaco –atomi d’essere– del mondo che vive, che pulsa, che confligge, oppure vagheggia, fluisce, scorre. Il mondo diviene stando all’interno del suo divenire, produce e distrugge, illumina e acceca, divampa e si consuma e si trasforma.
Relazione è paradigma.
Ogni paradigma si risolve nella visione del mondo che freme –quale fiamma in sempiterno crepitio oppure ghiacciaio perenne in continuo mutamento– e il paradigma si nutre di storia, di vite, di passi, di azioni/pensieri, di paradigmi. Fine ed inizio, illusione e realtà, sottendono una relazione che si difforma e che resta, che tramuta e che resta, che erode, distrugge, annienta, corrompe. Ma resta.
Relazione e relazione.
La visione militante del mondo si è piegata alle necessità del paradigma.
Necessità di sopravvivere.
Necessità di procreare.
Necessità di vincere.
Necessità di sapere.
Necessario l’obbiettivo da conseguire, azione/pensiero mirati e funzionali, stimolo-risposta che l’umano ha acriticamente assecondato,
corrispondendo positivamente –questo è il positivismo!– alla propria contingente volontà.
Relazione è relazione.
Ogni relazione è in relazione, non è possibile intuire poiché ogni vita è precondizione di sé stessa, ogni azione/pensiero è precondizione di sé stesso: impossibile agire/pensare senza azione e pensiero: la vita è precondizione della vita. Sono nel mondo poiché sono il mondo. Ogni vita è attenta e distratta, libera e determinata, voluta e subìta, bramata e rifuggita. L’umano vive e vuol morire, gode e pensa alla fine del piacere così come soffrendo agogna le felicità. Nulla è: è il tutto.
Tutto è relazione che relaziona.
Oppure non-relazione che relaziona.
Il senso del mondo è inanticipata relazione inanticipatrice con cui si schiude e conchiude ogni relazione.